
Rideterminazione dell’indennità di esproprio
La Commissione tecnico arbitrale e il diritto al compenso dei tecnici
Il proprietario che nell’ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità abbia ricevuto la proposta di una indennità di espropriazione che ritenga non conforme a legge, ha diritto di richiedere la rideterminazione dell’indennità di espropriazione.
La commissione provinciale espropri
Un primo metodo per giungere a una rideterminazione dell’indennità di espropriazione è quello di affidare la pratica alla Commissione Provinciale Espropri. Tale commissione è formata da tecnici, politici e rappresentati del mondo dell’agricoltura e viene nominata dal Presidente della Provincia. Per attivare tale commissione in realtà il privato non ha l’onere di fare nulla, infatti, in caso di mancata accettazione dell’indennità provvisoria l’ente pubblico ha l’obbligo di inoltrare la pratica alla Commissione.
Tale strumento non è però esente da problemi. In primo luogo, il privato espropriato neppure viene messo a conoscenza delle riunioni della Commissione e quindi non sono no può partecipare alle sedute, ma neppure inviare scritti e documenti che possano concorrere a una equa determinazione dell’indennità.
In secondo luogo, assai spesso i tempi per l’emissione della stima da parte della Commissione Provinciale sono assai lunghi.
Il giudizio di opposizione alla stima
Il proprietario può chiedere la rideterminazione dell’indennità di espropriazione alla Corte di Appello competente. La Corte di Appello, previa nomina di un consulente tecnico di ufficio, provvederà a rideterminare secondo legge l’indennità di espropriazione.
Anche in questo caso sussistono però alcune controindicazioni. In primo luogo, trattandosi di un giudizio, vi sono comunque i costi e i tempi legati all’ordinario svolgersi dell’azione giudiziaria.
In secondo luogo, non è possibile ricorrere in Corte di Appello finchè non sia stato emesso il decreto di esproprio. Pertanto nel caso in cui l’attività espropriativa sia stata introdotta a mezzo della procedura di occupazione di urgenza preordinata all’esproprio, non si potrà agire finchè non sia stato emesso il decreto di esproprio che, come noto, potrà tardare anche fino a 5 anni.
La commissione tecnica arbitrale
Il Testo Unico Espropri all’art. 21 prevede un terzo strumento per la rideterminazione indennitaria. Il privato infatti può richiedere la nomina di un collegio arbitrale formato da tre tecnici: uno scelto dall’ente espropriante, uno scelto dal proprietario espropriato ed il terzo che verrà scelto dal Presidente del Tribunale competente.
I tre tecnici dovranno essere nominati mediante un decreto dell’autorità espropriante che quindi dovrà recepire sia l’indicazione del privato che quella del Presidente del Tribunale.
I tecnici formeranno una commissione che avrà l’obbligo di esprimere una relazione di stima entro 90 giorni dalla nomina della medesima. La relazione potrà essere approvata all’unanimità o a maggioranza e la parte rimasta insoddisfatta potrà impugnare eventualmente detta relazione in Corte di Appello.
Interessante è esaminare il regolamento delle spese della commissione in quanto l’art. 21 dpr 327/2001 pone una normativa che pare di favore per l’espropriato: saranno infatti interamente a carico dell’ente espropriante le spese della commissione ogni qual volta la stima effettuata dalla commissione superi di almeno 1/10 l’indennità provvisoria proposta dall’ente. Saranno invece divise a metà qualora l’incremento sia inferiore al decimo e saranno a carico dell’espropriato solo nel caso, assai raro, in cui la relazione peritale determini un’indennità inferiore a quella stimata dall’ente.
Qual'è la parcella che spetta ai periti?
L’art. 21 dpr 327/2001 stabilisce che le competenze dei periti siano liquidate dall’autorità espropriante in base ai tariffari professionali di appartenenza. In tal senso è interessane leggere una recente sentenza della Corte di Cassazione:
Cassazione civile , sez. VI , 22/09/2021 , n. 25667
In materia di espropriazione, il diritto dei tecnici che compongono il collegio peritale di cui all’ art. 21 d.P.R. n. 327 del 2001 a percepire il compenso per l’attività prestata non presuppone un accordo negoziale che abbia la forma scritta ad substantiam, trovando titolo direttamente nella legge, nella ricorrenza dei presupposti dell’atto di nomina (da parte dell’autorità espropriante o del presidente del tribunale) e dell’espletamento dell’incarico.
La Corte evidenzia come alla base del diritto al compenso dei tecnici non vi sia un contratto stipulato tra i tecnici e l’ente espropriante prima del conferimento dell’incarico. Il diritto al corrispettivo sia nell’an che nel quantum deriva viceversa direttamente dalla legge. Unici presupposti per il diritto al compenso, quindi, potranno essere la sussistenza della delibera di nomina e l’espletamento dell’incarico.
In tal senso è interessante rammentare che l’incarico può intendersi espletato solo in caso di tempestivo deposito della perizia presso l’autorità espropriante, perizia che, come detto potrà essere approvata all’unanimità o a maggioranza. Nel caso i cui, pertanto, non si sia neppure formata una maggioranza ma i tre tecnici siano rimasti su posizioni del tutto inconciliabili, la perizia dovrà ritenersi nulla e nessun compenso sarà dovuto.
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