Comune in stato di dissesto e acquisizione sanante Ex Art.42 bis DPR 327/2001
Importante pronuncia sul tema del dissesto della Pubblica amministrazione e dei rapporti con tale stato e le occupazioni illegittime, è quella recentemente pubblicata a seguito di una pronuncia del Tar di Reggio Calabria (sentenza 264 del 19 aprile 2019).
La corte si trovava ad esaminare un’ipotesi di emissione di provvedimento di acquisizione sanante emesso dal commissario ad acta dopo la già avvenuta dichiarazione di dissesto dell’ente comunale.
Il procedimento era stato incardinato in ordine alla qualificazione del credito da attribuire al proprietario del terreno, a seguito appunto dell’emanazione del decreto di acquisizione: si discuteva se tale somma dovesse essere iscritta al bilancio ordinario, ovvero alla massa passiva del dissesto.
La Corte ha optato per la prima soluzione, evidenziando come l’emissione del provvedimento ex art. 42 bis dpr 327/2001 non costituisca un atto di gestione, ma un provvedimento posto in essere per ovviare ad una situazione di illecito permanente commesso dalla Pubblica Amministrazione.
La fonte dell’obbligazione di pagamento, pertanto, si concretizza nel provvedimento di acquisizione sanante stesso e pertanto il credito viene in essere successivamente alla dichiarazione di dissesto e, conseguentemente, deve essere iscritto alla gestione ordinaria.
“Ove la fonte dell’obbligazione dell’ente dissestato sia identificabile non in un atto o un fatto di gestione, bensì in un fatto illecito, fonte di obbligo risarcitorio dell’ente, esso, poichè riconosciuto e liquidato dopo la dichiarazione di dissesto, non può essere contabilmente inserito nella massa passiva e va liquidato a valere sulle ordinarie risorse di bilancio dell’ente. Tale conclusione è perfettamente in linea con la natura del provvedimento di acquisizione sanante di cui all’art. 42 bis d.P.R. 327/2001. Il debito indennitario de quo non può considerarsi preesistente alla data della dichiarazione di dissesto, bensì rappresenta un credito in corso di formazione, esito della scelta, funzionale al perseguimento dell’interesse pubblico dell’ente, operata nella specie dal commissario ad acta a causa della colpevole inerzia del comune, di adottare il provvedimento ex art. 42 bis TU Espropri, le cui conseguenze, in termini di ristoro patrimoniale dovuto, non possono che essere affrontate con le risorse ordinarie dell’ente. In altri termini, l’attuale necessità di operare una scelta discrezionale circa il miglior modo di perseguire l’interesse pubblico dell’ente (restituendo il bene o acquisendolo) colloca la vicenda al di fuori del contesto della gestione dissestata dell’ente, determinando comunque la necessità di affrontarne le conseguenze con le risorse di bilancio ordinarie.”
Interessante è fermare un attimo l’attenzione, alla luce di tale pronuncia, alle differenti situazioni che possano emergere in tema di occupazione illegittima, al fine di comprendere se i diritti risarcitori anche in quei casi possano ascriversi alla gestione ordinaria.
Sicuramente alla gestione ordinaria dovrà ascriversi l’indennità eventualmente liquidata dalla Corte di Appello a seguito di opposizione alla stima effettuata dalla Pubblica Amministrazione ex art. 42 bis dpr 327/2001: il principio risulta infatti del tutto omogeneo con la motivazione espressa in sentenza, non trattandosi di altro che di vicenda giudiziaria scaturente appunto dal provvedimento di cui all’art. 42 bis dpr 327/2001.
Occorre poi esaminare il caso in cui il proprietario adisca il tribunale al fine di richiedere la rimissione in pristino dello stato dei luoghi con pagamento del danno patito per l’illegittima occupazione, ove la pubblica amministrazione (caso raro in verità) non reagisca con l’emissione di un provvedimento di acquisizione sanante. In questo caso la fonte del risarcimento del danno per illegittima occupazione va ravvisata nell’atto illecito permanente della pubblica amministrazione. Si potrebbe pertanto sostenere che per il periodo antecedente al dissesto, il credito debba essere ascritto alla massa passiva, in quanto il momento costitutivo del risarcimento del danno per occupazione si viene via via a realizzare con lo stesso scorrere del tempo.
Ulteriore ipotesi è infine quella in cui il proprietario adisca la giurisdizione ordinaria o amministrativa al fine di far constatare l’avvenuta occupazione illegittima, dichiarando tuttavia di rinunciare alla proprietà del bene a seguito dell’irrevocabile trasformazione dello stato dei luoghi e richiedendo quindi il risarcimento del danno patito per l’occupazione illegittima e la sottrazione definitiva del bene.
Il momento traslativo del diritto di proprietà, in questo caso, non potrebbe che identificarsi con l’emissione della sentenza costitutiva del diritto in favore della pubblica amministrazione. Il credito del proprietario al risarcimento per perdita del bene, pertanto, non potrebbe che considerarsi sorto che a seguito della sentenza costitutiva stessa. Ove pertanto, l’emissione della sentenza sia successiva alla dichiarazione di dissesto, il credito dovrà essere ascritto alla gestione ordinaria. Più incerta appare invece la sorte del credito per l’avvenuta occupazione illegittima, anche in questo caso, infatti, potrebbe sostenersi la formazione progressiva e successiva nel tempo del credito e pertanto la ricaduta nella massa fallita del periodo ante dissesto.
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