Esproprio di terreni agricoli

Esproprio di terreni agricoli

La normativa di riferimento

Si definiscono terreni agricoli quei terreni in relazione ai quali il P.r.g. non preveda possibilità di edificazione.

Si definiscono terreni agricoli quei terreni in relazione ai quali il Piano Urbanistico Comunale non preveda possibilità di edificazione.
La normativa di riferimento è quella derivante dall’art. 40 del dpr 327/2001 (Testo Unico Espropri) che testualmente recita:
“1. Nel caso di esproprio di un’area non edificabile, l’indennità definitiva é determinata in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati, anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola, senza valutare la possibile o l’effettiva utilizzazione diversa da quella agricola. (L) (1)
2. Se l’area non è effettivamente coltivata, l’indennità è commisurata al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura prevalente nella zona ed al valore dei manufatti edilizi legittimamente realizzati. (L) (2)
3. Per l’offerta da formulare ai sensi dell’articolo 20, comma 1, e per la determinazione dell’indennità provvisoria, si applica il criterio del valore agricolo medio di cui all’ articolo 41, comma 4, corrispondente al tipo di coltura in atto nell’area da espropriare. (3) (4)
4. Al proprietario coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale spetta un’indennità aggiuntiva, determinata in misura pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticata. (L)
5. Nei casi previsti dai commi precedenti, l’indennità è aumentata delle somme pagate dall’espropriato per qualsiasi imposta relativa all’ultimo trasferimento dell’immobile. (L)”

Nell’interpretazione di tale norma ha avuto però importanza essenziale una famosa sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel contenzioso Scordino/Italia. Come noto, infatti, la Corte Europea ha sancito l’illegittimità di ogni indennità di espropriazione che non si rapporti al reale valore di mercato del bene espropriato.

La sentenza della corte costituzionale 181 del 10 Giugno 2011

La Corte Costituzionale, dando seguito alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 2 e 3 della norma nella parte in cui i medesimi fanno riferimento al criterio del valore agricolo medio per la fissazione dell’indennità provvisoria di esproprio.
Si rammenta come il valore agricolo medio fosse un valore astratto determinato annualmente dalla Commissione Provinciale Espropri in relazione alla zona di riferimento e che quindi non corrispondeva al reale valore di mercato del bene espropriato. Prima dell’intervento della Corte Costituzionale, quindi, l’ente espropriante determinava il valore del bene non in ragione dell’effettivo valore dello stesso, ma in funzione appunto del VAM (valore agricolo medio) della zona. Tale valore spesso non rappresentava in alcun modo il valore reale.
La Corte Costituzionale ha tuttavia sancito l’illegittimità Costituzionale della norma evidenziando che “occorre fare riferimento, per la determinazione dell’indennizzo, al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatte palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso, secondo legge. Solo in tal modo può assicurarsi la congruità del ristoro spettante all’espropriato ed evitare che esso sia meramente apparente o irrisorio rispetto al valore del bene… Con ciò non si vuol negare che le aree edificabili e quelle agricole o non edificabili abbiano carattere non omogeneo. Si vuole dire che, pure in presenza di tale carattere, anche per i suoli agricoli o non edificabili sussiste l’esigenza che l’indennità si ponga «in rapporto ragionevole con il valore del bene”.
Ciò posto la Corte ha evidenziato in rapporto al Valore Agricolo Medio come: “il valore tabellare così calcolato prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo, ignorando ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene. Restano così trascurate le caratteristiche di posizione del suolo, il valore intrinseco del terreno (che non si limita alle colture in esso praticate, ma consegue anche alla presenza di elementi come l’acqua, l’energia elettrica, l’esposizione), la maggiore o minore perizia nella conduzione del fondo e quant’altro può incidere sul valore venale di esso. Il criterio, dunque, ha un carattere inevitabilmente astratto che elude il «ragionevole legame» con il valore di mercato, «prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e coerente, del resto, con il “serio ristoro” richiesto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte”
In sostanza quindi la Corte Costituzionale, dopo aver dichiarato incostituzionale il criterio del valore agricolo medio, per la determinazione dell’indennità di espropriazione dei terreni agricoli ha sancito la necessità di riferirsi al pieno valore di mercato del terreno.

In sostanza quindi la Corte Costituzionale, dopo aver dichiarato incostituzionale il criterio del valore agricolo medio, per la determinazione dell’indennità di espropriazione dei terreni agricoli ha sancito la necessità di riferirsi al pieno valore di mercato del terreno.

L'indennità di espropriazione dei terreni agricoli nelle sentenze della corte di cassazione

La Corte di Cassazione ha presto recepito le indicazioni fornite nel 2011 dalla Corte Costituzionale tanto che il criterio del valore venale del bene, ossia del valore di mercato, è diventato un principio ormai stabile e consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte.
In tal senso si può leggere come fin dal 2011 la Suprema Corte abbia conformemente affermato:

Cassazione civile, sez. I , 29/09/2011, n. 19939: “L’indennità di espropriazione per le aree non edificabili e non coltivate deve ora essere determinata in misura pari al loro valore venale. Tale criterio deve inoltre tener conto della attitudine ad uno sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo e che, senza poter raggiungere i livelli dell’edificatorietà, possa rispecchiare, sul piano della relativa valutazione economica, tutte le possibilità di utilizzazione intermedia tra quella agricola e quella edificatoria.”

Tale riferimento al valore di mercato del bene espropriato è poi rimasto inalterato fino ad oggi:

Cassazione civile, sez. I, 24/05/2019, n. 14230: “In tema di espropriazione per pubblica utilità, l’attuale sistema indennitario e risarcitorio è fondato sul valore venale del bene, applicabile non soltanto ai suoli edificabili, ma anche ai suoli inedificabili, assumendo rilievo per tale ultima categoria la possibilità di utilizzazioni intermedie fra l’agricola e l’edificatoria, sempre che siano assentite dalla normativa vigente.”

Ovviamente sia alla luce dell’art. 40, sia in base a quanto sancito dall’art. 33 dpr 327/2001, ove la porzione residua del bene o l’azienda agricola esercitata sul medesimo, subiscano una perdita di valore a seguito dell’intervento espropriativo l’indennità di espropriazione deve essere determinata tenendo in considerazione anche detta perdita di valore:

Cassazione civile, sez. VI, 03/11/2017, n. 26243: “La liquidazione dell’indennità per l’espropriazione parziale è commisurata alla differenza tra il giusto prezzo dell’immobile prima dell’esproprio e il giusto prezzo della parte residua dopo l’esproprio stesso, dovendo tenersi conto, oltre che del valore della porzione ablata, anche del decremento della parte di fondo residuata all’espropriazione. Ciò comporta, per i suoli agricoli, l’attribuzione di un valore complementare che, nel caso di esercizio di azienda agricola, compensa anche i maggiori oneri di conduzione aziendale, in quanto la legge introduce, quale componente essenziale dell’indennità, anche il ristoro del pregiudizio subito dall’azienda.”

Si applica ancora l'art. 45 DPR 327/2001?

Il riconoscimento del pieno valore di mercato dell’area ha però fatto venire meno l’esistenza delle maggiorazioni che l’art. 45 dpr 327/2001 prevedeva in caso di accettazione della proposta dell’indennità provvisoria di esproprio. L’art. 45 prevedeva infatti che in caso di accettazione dell’indennità provvisoria offerta fosse dovuta una maggiorazione pari al 50% in favore del proprietario del bene. Tale maggiorazione arrivata al 200% in caso di proprietario che fosse coltivatore diretto del bene o imprenditore agricolo. Tali maggiorazioni alla luce del nuovo sistema indennitario non risultano più applicabili:

Cassazione civile sez. I, 07/09/2020, n.18578: “In tema di determinazione dell’indennità di espropriazione, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 181 del 2011, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 5-bis, comma 4, del d.l. n. 333 del 1992 (conv. con mod. nella l. n. 359 del 1992), e comportato in via conseguenziale l’incostituzionalità dell’art. 40, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 327 del 2001, il sistema premiale della triplicazione dell’indennità di esproprio, riconosciuto in favore del coltivatore diretto dall’art. 17, comma 1, della l. n. 865 del 1971, al pari di quello previsto dall’art. 45, comma 2, lett. c)-d), del d.P.R. n. 327 del 2001, deve ritenersi abrogato per incompatibilità con il nuovo assetto normativo.”

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