Espropriazione parziale di bene unitario ed immissioni inquinanti
Cassazione civile sez. I, 14/04/2023, n.9959. Nella determinazione dell’indennità di esproprio ex art. 33 dpr 327/2001, deve tenersi conto anche del decremento di valore della porzione residua del bene. Nell’ambito di tale valutazione, ricorda la Suprema Corte con questa sentenza, è necessario anche considerare le diminuite possibilità di utilizzo dell’area residua (sedime) connesse alla presenza dell’opera pubblica, anche ove ciò dipenda dalle immissioni inquinanti dell’opera realizzata.
La liquidazione dell’indennità per l’espropriazione parziale è commisurata alla differenza tra il giusto prezzo dell’immobile prima dell’esproprio e il giusto prezzo della parte residua dopo l’esproprio stesso, dovendo tenersi conto, oltre che del valore della porzione ablata, anche del decremento della parte di fondo residuata all’espropriazione.
Atteso che ai fini del computo della indennità, in ipotesi di espropriazione parziale, il decremento di valore della porzione residua deve tenere conto anche della diminuita possibilità di utilizzare appieno il sedime, ne deriva che ai predetti fini deve tenersi conto anche della inutilizzabilità del sedime entro l’area di potenziale contaminazione da polveri sottili, legate al traffico veicolare lungo la strada di nuova costruzione, la quale realizza una sorta di personalizzazione del danno che rende il medesimo significativo ai fini della quantificazione della indennità. (Dovendosi censurare, ha evidenziato la Suprema Corte, i rilievi del giudice a quo secondo cui i pregiudizi conseguenti all’inquinamento ambientale sono da ricondurre, eziologicamente, alla realizzazione della strada e non già all’espropriazione parziale del terreno agricolo).
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