L’impugnazione del decreto di acquisizione sanante ex art. 42 bis

Nel 1981 un comune procedeva alla occupazione d’urgenza dei terreni per la installazione di alloggi residenziali d’emergenza a seguito degli eventi sismici in Campania.

Al fine di compulsare il  comune a cessare la  perdurante  occupazione illecita,  con l’istanza presentata nell’anno 2016  il proprietario  chiedeva all’ente di valutare e decidere se  restituire ovvero se  acquisire con decreto di esproprio sanante ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001  i terreni occupati “sine titulo”.

Avverso il silenzio formatosi sulla citata istanza, il  proprietario proponeva ricorso dinanzi al T.a.r. Campania Sezione Staccata di Salerno chiedendo che il comune fosse condannato a valutare e decidere se restituire ovvero  se acquisire ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001  al proprio patrimonio indisponibile i terreni di cui  trattasi.

Con sentenza del 2017, il T.a.r.  accoglieva il ricorso e condannava il comune a pronunciarsi espressamente sulla istanza delle proprietarie.
In esecuzione della citata sentenza,  il   comune  emetteva  ai sensi dell’art. 42 d.p.r. 327/2001 il decreto di esproprio sanante.
Avverso il citato decreto di esproprio,  il proprietario  spiegava ricorso prospettandone l’illegittimità.

Il T.a.r. dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di interesse posto che era stato lo stesso proprietario a sollecitare l’adozione del decreto di esproprio sanante, sia pure in via alternativa alla restituzione dei fondi.

Il proprietario impugnava la sentenza sostendo che  il T.a.r.  non aveva  considerato che la scelta tra  la restituzione o l’acquisizione dipende non dalla istanza del proprietario ma dal legittimo esercizio della potestà pubblica che deve avvenire nel rispetto  dei presupposti (sia fisici sia giuridici) previsti dall’art. 42 bis d.p.r. 327/2001 ed in vista  dl perseguimento degli interessi pubblici.

Con la sentenza del 8.2.2021 n. 1176, il C.d.S. ha dato ragione al proprietario.

Infatti, non è l’istanza del proprietario a poter vincolare o suggerire al comune quale delle due soluzioni adottare. E ciò perché la scelta tra la restituzione e l’acquisizione deve essere fatta in primo luogo nel rispetto della previsione del citato art. 42 bis d.p.r. 327/2001 il quale, come è noto, consente all’autorità “…che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità…” di disporre  che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile (C.d.S. 9.1.2020 n. 164; T.a.r. Molise 21.1.2020 n. 18; T.a.r. Sicilia Palermo 13.11.2019 n. 2625).

E’ evidente  che il  decreto di acquisizione sanante (illegittimamente emesso in difetto dei citati presupposti) può essere impugnato dal proprietario, il quale ovviamente ha interesse a che l’amministrazione valuti ponderatamente l’alternativa tra restituzione ed acquisizione ed, in quest’ultimo caso, che la sua proprietà sia legittimamente espropriata. E ciò a prescindere dalla circostanza che lo stesso proprietario abbia chiesto all’ente di procedere in via alternativa alla restituzione o alla acquisizione sanante.

Con l’erronea interpretazione seguita, il T.a.r. avrebbe potuto dichiarare inammissibile il ricorso anche nell’ipotesi esattamente opposta in cui l’amministrazione avesse adottato il provvedimento di restituzione dei terreni occupati (in ipotesi contestato dal proprietario), dal momento che anche la restituzione rappresentava una delle due opzioni proposte all’amministrazione dallo stesso proprietario. In questo modo, il T.a.r. ha  inconsapevolmente finito per negare (per difetto di interesse) in ogni caso  tutela al proprietario che volesse impugnare  il provvedimento di  restituzione ovvero di acquisizione, solo perché egli stesso ha prospettato  alla p.a.  in via alternativa le due opzioni.

Va da sé che l’amministrazione ha l’obbligo  di accertare  se la domanda di acquisizione sanante   sia o meno  accoglibile, con la  verifica  delle condizioni previste dalla norma (perdurante utilizzazione dell’immobile per scopi di pubblico interesse ed intervenuta modificazione e trasformazione fisica dello stesso).

La formulazione della  domanda con le  due  soluzioni alternative (restituzione o acquisizione)  risulta rispettosa del principio stabilito dalla giurisprudenza secondo cui la scelta tra le due opzioni è riservata in via esclusiva alla stessa amministrazione occupante (alla quale nemmeno il Giudice può imporre qual  opzione preferire).

A ben vedere, l’istanza del privato diretta a sollecitare il provvedimento espresso  non solo può  ma anzi deve  formulare la richiesta  in via alternativa tra la  restituzione e l’acquisizione,   lasciando l’opzione alla valutazione discrezionale all’amministrazione (C.G.A. 29.7.2020 n. 686).

La citata sentenza n. 1176/2021 del C.d.S. si segnala altresì anche per un diverso ed interessante aspetto.

In particolare, essa ha stabilito che il decreto di esproprio sanante ex art. 42 bis d.p.r. 327/2001 rappresenta un rimedio di carattere generale così ampio da consentire all’amministrazione, che aveva occupato illecitamente i terreni per una specifica opera pubblica (poi rimossa), di acquisire gli stessi in funzione  della realizzazione di un’opera pubblica del tutto diversa dalla prima.

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