L’impugnazione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis dpr 327/2001
Come abbiamo già ricordato, la giurisprudenza qualifica il procedimento per di acquisizione sanante come una sorta di procedimento espropriativo abbreviato e straordinario. Seguendo tale analogia, il provvedimento di acquisizione sanante, in fondo, è assimilabile ad un decreto di esproprio, avendone il medesimo effetto traslativo della proprietà, la medesima natura di atto amministrativo e comportando analogamente la fissazione di una indennità di espropriazione.
Seguendo quanto avviene con il decreto di esproprio, anche in relazione al provvedimento di acquisizione sanante la giurisprudenza effettua un riparto della giurisdizione piuttosto chiaro.
Quando si voglia impugnare la validità del provvedimento la competenza appartiene al Tribunale Amministrativo Regionale. Si tratta infatti di mettere in discussione il legittimo esercizio di potere effettuato dalla Pubblica Amministrazione a mezzo dell’emanazione del provvedimento. Sarà quindi il giudice amministrativo a giudicare della sussistenza dei requisiti formali e sostanziali sia del procedimento che ha condotto all’emanazione del provvedimento, sia del provvedimento stesso.
“Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, e non di quello amministrativo, nella controversia proposta dal privato proprietario di un fondo per l’annullamento della delibera con la quale la Pubblica amministrazione, che lo aveva illegittimamente occupato, ne ha disposto l’acquisizione sanante ex art. 42-bis, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, ove la controversia attenga esclusivamente alla quantificazione dell’importo dovuto in applicazione di detto articolo, non venendo in contestazione l’utilizzo, da parte dell’amministrazione, di tale strumento né la legittimità dello stesso in relazione alla sussistenza dei presupposti normativamente previsti per la emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante.” (Consiglio di Stato sez. IV, 28/05/2019, n.3467)
Diversamente la giurisdizione apparterrà al giudice ordinario ove si tratti di contestare la determinazione dell’indennità stabilita dalla pubblica amministrazione nel procedimento di acquisizione. Sempre sulla scorta di quanto determinato in sede di espropriazione per pubblica utilità, la competenza viene riconosciuta in capo alla Corte di Appello in qualità di giudice unico di primo grado e il rito, evidentemente, sarà allo stesso modo quello di cui all’art. 702 bis dpr 327/2001.
In tal senso può leggersi:
La controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001 è devoluta, in unico grado, alla Corte di Appello, secondo una regola generale dell’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità, dovendosi interpretare in via estensiva l’art. 29 d.lg. 1 settembre 2011 n. 150. (Cassazione civile sez. un., 21/02/2019, n.5201)
La competenza della Corte di Appello è generale per quanto attiene tutti gli aspetti previsti dalla normativa per garantire il risarcimento del proprietario assoggettato al provvedimento acquisitivo, pertanto la competenza in unico grado si estende anche al risarcimento previsto per il periodo dell’avvenuta occupazione illegittima che la legge stabilisce nella misura del 5% annuo salvo prova del danno maggiore subito. Ed ugualmente la Corte di Appello sarà chiamata ad applicare l’ulteriore maggiorazione del 10% (20% negli specifici casi previsti) relativa al risarcimento del danno extrapatrimoniale:
In materia di espropriazione per pubblica utilità, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di «acquisizione sanante» ex art. 42-bis, d.P.R. n. 327 del 2001; appartiene al giudice ordinario anche la controversia avente ad oggetto l’interesse del cinque per cento del valore venale del bene, dovuto per il periodo di occupazione senza titolo, ai sensi del comma 3, ultima parte, di detto articolo, «a titolo di risarcimento del danno», giacché esso, ad onta del tenore letterale della norma, costituisce solo una voce del complessivo «indennizzo per il pregiudizio patrimoniale» di cui al precedente comma 1, secondo un’interpretazione imposta dalla necessità di salvaguardare il principio costituzionale di concentrazione della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti ablatori; dette controversie sono devolute alla competenza, in unico grado, della Corte di appello. (Consiglio di Stato sez. IV, 05/10/2018, n.5739)
Anche per tali due voci, che a rigore rientrerebbero a pieno titolo nell’ambito del risarcimento del danno, tuttavia come visto viene riconosciuta una competenza unitaria in favore della Corte di Appello e ciò, evidentemente per evitare una inutile proliferazione di giudizi e favorire la concentrazione della tutela giurisdizionale, dal momento che, diversamente, il proprietario assoggettato al procedimento sarebbe costretto a promuovere due differenti giudizi: l’uno davanti alla Corte di Appello per impugnare l’indennizzo per la perdita del terreno, e uno davanti al giudice ordinario di primo grado per impugnare la determinazione del risarcimento per illegittima occupazione e per danno extrapatrimoniale.
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