Occupazione illegittima: Azione di restituzione e danno

Vista i criteri di determinazione del danno patrimoniale nell’ambito di una azione di restituzione del bene derivante da una illegittima occupazione in carico a una pubblica amministrazione, ci si chiede se il fatto illecito dell’occupazione illegittima, in quanto fatto illecito, determini il diritto del proprietario a richiedere anche il danno extrapatrimoniale subito, sulla scorta di quanto previsto dall’art 2059 c.c. La norma prevede infatti che il danno extrapatrimoniale possa essere richiesto solo nei casi previsti dalla legge. Tra questi casi i casi in cui il fatto illecito sia qualificabile come reato ai sensi dell’art. 185 c.p. e quando il fatto illecito determini la lesione ai diritti personali costituzionalmente garantiti, come il diritto alla famiglia, al domicilio, alla privacy, all’integrità personale, diritti tutti derivabili dalle norme di cui al Titolo I Parte I del testo costituzionale.

E’ stato ampiamente discusso se la lesione del diritto di proprietà possa rientrare o meno in tale ambito, dal momento che la proprietà è regolamentata soltanto all’art. 42 del testo Costituzionale, nell’ambito del Titolo III destinato alla trattazione dei Rapporti economici.

Peraltro la proprietà è contemplata come diritto fondamentale dell’uomo all’art. 1 Prot. 1 aggiuntivo della Convenzione Internazionale sui diritti dell’uomo e tuttavia la giurisprudenza esclude che la classificazione di un diritto tra i diritti dell’uomo comporti una automatica qualificazione del medesimo diritto tra i diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.

Per altro verso il riconoscimento del danno extrapatrimoniale nel caso di occupazione illegittima potrebbe anche potersi ammettere sulla scorta di quanto previsto dall’art. 633 c.p. La norma punisce chiunque invada arbitrariamente terreni o edifici altri al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto. La norma parrebbe sicuramente applicabile al caso dell’occupazione illegittima, almeno nei casi di occupazione usurpativa, ovvero nei casi in cui l’occupazione sia fin dall’origine priva di qualunque titolo autorizzativo.

Tuttavia il riconoscimento del danno extrapatrimoniale nell’ambito delle azioni per restituzione di beni illegittimamente occupati ci pare possa trovare ingresso nell’ordinamento per una via più semplice.

Va nuovamente ricordato come l’art. 42 bis dpr 327/2001 preveda automaticamente il riconoscimento del danno extrapatrimoniale nei casi di occupazione illegittima cui segua un provvedimento di acquisizione sanante, ponendo anche una determinazione legislativa del danno extrapatrimoniale nella misura del 10% del valore del valore venale del bene, percentuale incrementata al 20% ove il bene sia stato usato per finalità di edilizia residenziale pubblica o quando sia stato attribuito a soggetti privati per finalità di interesse pubblico. L’art. 42 bis quindi, così prevedendo, offre un riconoscimento automatico sia dell’an che del quantum del danno patrimoniale.

Orbene tale riconoscimento legislativo del danno extrapatrimoniale soddisfa chiaramente il requisito di cui all’art. 2059 c.c. e tuttavia pare che tale riconoscimento legislativo della risarcibilità del danno extrapatrimoniale non possa ritenersi al caso in cui successivamente all’illegittima occupazione segua un provvedimento di acquisizione sanante. Non è infatti certamente l’emissione del provvedimento acquisitivo che determina il danno extrapatrimoniale, ma tale danno deriva evidentemente dall’illegittima occupazione. Ed infatti l’emissione del provvedimento acquisitivo non può qualificarsi come atto illecito produttivo di danno, essendo un provvedimento consentito dalla legge: l’atto illecito produttivo di danno extrapatrimoniale è invece l’avvenuta illegittima occupazione.

Se pertanto la legge (art. 42 bis dpr 327/2001) riconosce che l’illegittima occupazione sia fonte di danno extrapatrimoniale, chiaramente ciò varrà sia nel caso in cui segua un provvedimento acquisitivo, sia nel caso in cui ciò non si verifichi. Per tale via, pertanto, deve ritenersi sicuramente ammissibile anche nell’ambito di un giudizio introdotto per la restituzione del bene, la richiesta di un danno extrapatrimoniale.

Orbene però nell’ambito di un tale giudizio applicarsi un criterio presuntivo dell’an e del quantum del danno extrapatrimoniale come disposto dall’art. 42 bis nel dettare i criteri per l’emissione del provvedimento di acquisizione sanante? O comunque si potrà quantomeno giungere ad una valutazione equitativa del danno extrapatrimoniale come viene fatto dalla giurisprudenza nel caso della liquidazione del danno patrimoniale per illegittima occupazione?

Non essendosi al momento riscontrati precedenti specifici in materia, pare logico reputare che non sarà possibile un riconoscimento automatico del danno extrapatrimoniale. Non pare possibile infatti ritenere che il danno sia in re ipsa, apparendo viceversa un tipico esempio di danno conseguenza, cosa che implica la necessità di dimostrare l’essersi verificato del danno extrapatrimoniale.

Ben quindi potrà, il proprietario attore, chiedere il riconoscimento e il risarcimento di un danno extrapatrimoniale (e quindi morale o biologico) subito in ragione della privazione del bene, ma dovrà dimostrare l’esistenza di tale danno, come comunemente viene fatto in tutte le pretese risarcitorie derivanti da fatto illecito.

Possibile pare invece la richiesta di una valutazione equitativa del danno, ove vengano in essere i presupposti richiesti dalla Giurisprudenza in materia:

“L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articoli 1226 e 2056 del codice civile, presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicché grava sulla parte interessata l’onere di provare non solo l’an debeatur del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi in re ipsa, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficoltà, sì da consentire, al giudice il concreto esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, che ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso” (Cassazione civile sez. III, 05/03/2019, n.6329)

Il proprietario, al fine di poter accedere ad una liquidazione equitativa del danno extrapatrimoniale subito, oltre a dover provare come visto l’esistenza di tale danno, dovrà comunque fornire il più possibile al giudice elementi utili per la valutazione del danno stesso, fornendo tutti i documenti e gli elementi di cui possa ragionevolmente disporre.

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