Occupazione illegittima ed acquisto per usucapione

L’interrogativo è: l’illegittima occupazione dà titolo all’usucapione in favore dell’amministrazione occupante?

La domanda ovviamente trova una loro importanza in caso di mancata emanazione ad opera della pubblica amministrazione di un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis dpr 327/2001. In caso infatti di adozione del provvedimento i diritti economici spettanti al proprietario trovano il loro fondamento nella norma specifica di legge e, come visto, hanno origine nello stesso provvedimento acquisitivo.

Ciò che invece è da chiedersi è se, in mancanza di un tale provvedimento acquisitivo la pubblica amministrazione possa comunque divenire proprietaria del bene per usucapione.

Illuminante in tale ottica è leggere quanto affermato dal Consiglio di Stato nella recente sentenza n. 460/2019:

Ciò premesso, il Collegio, in merito alla dedotta intervenuta usucapione, ritiene di dover richiamare la recente giurisprudenza di questa Sezione, dalla quale non intende discostarsi, secondo la quale:

  1. a) “la condotta illecita tenuta dell’Amministrazione pubblica con l’occupazione abusiva di terreno altrui, quale che sia stata la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), non può comportare l’acquisizione del bene medesimo giacché essa configura un illecito permanente ex art. 2043 cod. civ.; d’altro canto la cessazione dell’illecito da essa commesso si verifica soltanto nelle ipotesi di: a) restituzione del fondo; b) accordo transattivo; c) rinunzia abdicativa da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo; d) compiuta usucapione, nei ristretti limiti individuati dal Consiglio di Stato; e) provvedimento emanato ex art. 42 bis, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327” ( Stato, sez. IV, 18 maggio 2018, n. 3009; conf. Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2017, n. 4106);
  2. b) ciò tenendo in considerazione che, in termini generali, “l’occupazione di un fondo sine titulo da parte della Pubblica amministrazione e conseguente trasformazione da parte della stessa di un bene privato, integrando un illecito permanente, non è utile ai fini dell’usucapione atteso che diversamente si rischierebbe di reintrodurre nell’ordinamento interno forme di espropriazione indiretta o larvata, tenendo anche presente che l’apprensione materiale del bene da parte della Pubblica amministrazione, al di fuori di una legittima procedura espropriativa o di un procedimento sanante, non può essere qualificata idonea ad integrare il requisito del possesso utile ai fini de quibus” ( Stato, sez. IV, 1 agosto 2017, n. 3838);
  3. c) pertanto, le sole condizioni per potere procedere all’espropriazione di beni privati per ragioni di pubblica utilità tramite l’istituto dell’usucapione, secondo “debita forma”, sono: il carattere non violento della condotta; l’esatta individuazione del momento della interversio possesionis; la decorrenza della prescrizione acquisitiva dalla data di entrata in vigore del testo unico dell’espropriazione (30 giugno 2003), perché solo l’art. 43 del medesimo t.u. 8 giugno 2001, n. 327 ha sancito il superamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva, e dunque solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex 2935 c.c., il “….giorno in cui il diritto può essere fatto valere” (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 9 febbraio 2016, n. 2);
  4. d) invero, posto che l’interruzione dell’usucapione può aversi solo con la perdita ultrannuale del possesso ovvero con la proposizione di apposita domanda giudiziale e che, sino all’entrata in vigore del P.R. 8 giugno 2001, n. 327, “risultava radicalmente preclusa, da parte del destinatario dell’occupazione preordinata all’esproprio, l’azione di restitutio in integrum, qualificando l’occupazione acquisitiva più che un mero fatto illecito, una vera e propria “fattispecie ablatoria seppur atipica”, allora “a tutto concedere (alla stregua dell’art. 2935 c.c. – secondo cui la prescrizione decorre “dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”) il dies a quo di un possibile possesso utile a fini di usucapione non potrebbe che individuarsi a partire dall’entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, (l’art. 43 ivi contenuto, come è noto, aveva sancito il superamento normativo dell’istituto dell’occupazione acquisitiva)” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3346; 26 agosto 2015, n. 3988; 1 settembre 2015, n. 4096; 30 novembre 2015, n. 5414; 28 gennaio 2016, n. 329, nonché, Ad. Plen., 9 febbraio 2016, n. 2);
  5. e) invero solo in questi ristretti limiti è ammissibile l’acquisizione mediante usucapione, volendo in tal modo evitare che sotto mentite spoglie si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta in violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu, laddove tale normativa va intesa come parametro interposto di costituzionalità ai sensi dell’ 117 Cost., e, dunque, impone di riconoscere che l’ablazione autoritativa del diritto di proprietà non possa predicarsi al di fuori di una legittima procedura espropriativa o di un procedimento sanante (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 aprile 2018, n. 2396).”

In sostanza il Consiglio di Stato evidenzia che l’occupazione senza titolo ad opera di una pubblica amministrazione non è titolo per l’acquisto del possesso ad usucapionem, in quanto diversamente si reintrodurrebbe sotto mentite spoglie la figura dell’occupazione indiretta in violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu.

Il Consiglio di Stato ipotizza peraltro che una forma di usucapione potrebbe essere riconosciuta solo con decorso ventennale del termine a partire dal 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del testo Unico delle Espropriazioni “perché solo l’art. 43 del medesimo t.u. 8 giugno 2001, n. 327 ha sancito il superamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva, e dunque solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex art. 2935 c.c., il “….giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

Peraltro lo stesso Consiglio di Stato pare esprimersi in maniera abbastanza dubitativa in ordine a questa possibilità ricordando che un possesso acquisito in modo violento non giova per l’usucapione se non dal momento in cui la violenza è cessata. Ora occorre evidenziare come la presa di possesso di una pubblica amministrazione, in quanto esercizio di un pubblico potere, difficile può qualificarsi come non violento.

Una apertura in tal senso parrebbe leggersi in Cassazione civile sez. II, 03/02/2012, n.1672: “A norma dell’art. 1163 c.c., il possesso è acquistato in modo violento — e, perciò, inutile ai fini dell’usucapione, se non dal momento in cui la violenza è cessata — qualora l’impossessamento sia avvenuto con l’esercizio di una violenza fisica o morale, sicché la legittimità del possesso può aversi anche se esso non abbia tratto origine da una consegna proveniente dal titolare del diritto. Ne consegue che, ove la P.A. abbia occupato sine titulo una particella di terreno al di fuori delle regole del procedimento ablatorio, ciò non implica che il possesso debba ritenersi solo per questo acquistato con violenza, così come va escluso che tale violenza possa identificarsi con la trasformazione del bene successivamente alla sua apprensione.”.

Eppur tuttavia occorre constatare come, essendo sostanzialmente impossibile un acquisto per usucapionem ad opera della pubblica amministrazione fino al 29 giugno 2023, solo a partire da tale data potrà formarsi una giurisprudenza sull’argomento. Fino a quel momento è da escludersi che la pubblica amministrazione possa acquisire il bene per usucapione.

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