Retrocessione totale e retrocessione parziale
Consiglio di Stato sez. IV, 06/06/2023, n.5555
Per la retrocessione totale viene in rilievo la definitiva inutilità del bene o comunque semplicemente la mancata attuazione dell’intera opera o finalità pubblica, per fattori sopravvenuti, difficoltà attuative o finanche errori di programmazione o di realizzazione, per cui non vi è ragione, ove la parte ne manifesti la volontà, di non restituirle un bene, destinato comunque ad essere inutilizzato, quanto meno per le finalità originarie; per la retrocessione parziale, invece, quale che sia la motivazione del mancato utilizzo, ivi compresa una stigmatizzabile incuria dell’amministrazione procedente, l’intervento complessivo è stato realizzato, per cui per escludere l’asservimento allo stesso della singola porzione, pur all’attualità e/o all’apparenza inutile, è necessaria una concreta valutazione da parte della stessa; in altri termini, la retrocessione parziale dei beni espropriati è subordinata ad una determinazione amministrativa di inservibilità dei fondi espropriati all’opera pubblica e, solo dopo che sia stata emanata la formale dichiarazione di inservibilità, l’espropriato è titolare, come per la retrocessione totale, di un diritto soggettivo, uno ius ad rem, che gli consente di agire per chiedere la restituzione dei beni espropriati e non utilizzati.
Il Consiglio di stato torna sulla differenza esistente tra i due istituti, confermando la giurisprudenza già prodotta sul tema e ben delineando le due diverse ipotesi.
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