Il termine di impugnazione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis dpr 327/2001
La Suprema Corte di Cassazione è tornata recentemente sul tema del termine di impugnazione del provvedimento di acquisizione sanante.
Come noto, con detto provvedimento, la pubblica amministrazione provvede alla “sanatoria” di una occupazione illegittima di un bene privato, occupato per la realizzazione di un’opera pubblica.
In giurisprudenza risultava discusso il termine entro cui il proprietario che avesse subito un provvedimento di acquisizione sanante potesse procedere all’impugnazione dell’indennità di acquisizione determinata dalla pubblica amministrazione. In alcune sentenze, infatti, si trovava affermata la necessità di impugnazione entro un termine decadenziale di soli 30 giorni dalla ricezione del provvedimento.
Con una recente sentenza di dicembre 2023 la Suprema Corte di Cassazione ha però evidenziato come non sia applicabile al caso di specie il termine breve decadenziale; l’azione è quindi soggetta all’ordinario termine prescrizionale decennale.
Cassazione civile sez. I, 18/12/2023, n.35287:”Il termine perentorio previsto dall’art. 54, comma 2, del d.P.R n. 327 del 2001 e, successivamente, dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2011, per l’opposizione alla stima definitiva dell’indennità di esproprio, non è applicabile alla contestazione relativa alla determinazione dell’indennizzo contenuta nel provvedimento acquisitivo adottato a norma dell’art. 42-bis del d.P.R n. 327 del 2001, con la conseguenza che il soggetto attinto dal decreto di acquisizione ha facoltà di contestare la liquidazione e chiederne la determinazione giudiziale nel termine ordinario di prescrizione; infatti, l’art. 29 citato, pur essendo successivo, non effettua alcun rinvio al precedente art. 42-bis del menzionato d.P.R n. 327, non risultando peraltro, in ogni caso, consentite interpretazioni estensive e analogiche di norme che condizionano l’esercizio del diritto di azione con riferimento a termini di decadenza e inammissibilità non specificamente previsti dalla legge; al contempo, se la comune natura indennitaria del credito pecuniario dell’espropriato e del soggetto attinto dal decreto di acquisizione può valorizzarsi per giustificare la giurisdizione ordinaria e la competenza funzionale della Corte d’appello, quale giudice delle indennità in materia, ciò non consente di superare le diversità strutturale dei relativi procedimenti amministrativi.”
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