Art. 9: Vincolo espropriativo

Art. 9. (L): vincolo espropriativo
Vincoli derivanti da piani urbanistici

  1. Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. (L)
  2. Il vincolo preordinato all’esproprio ha la durata di cinque anni. Entro tale termine, può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. (L)
  3. Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell’opera, il vincolo preordinato all’esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall’articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. (L) (1)
  4. Il vincolo preordinato all’esproprio, dopo la sua decadenza, può essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1 e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard. (L)
  5. Nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all’esproprio, il consiglio comunale può motivatamente disporre che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale. In tal caso, se la Regione o l’ente da questa delegato all’approvazione del piano urbanistico regionale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del Consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l’efficacia. (L)
  6. Salvo quanto previsto dal comma 5, nulla è innovato in ordine alla normativa statale o regionale sulla adozione e sulla approvazione degli strumenti urbanistici. (L) (1)

(1) Comma così modificato dal Dlgs. 27 dicembre 2002, n. 302.

Corte Cost. 55/1968: vincolo sostanzialmente espropriativo e indennizzo
Ogni incisione operata a titolo individuale sul godimento del singolo bene, la quale penetri al di là di quei limiti che la legislazione stessa abbia configurato in via generale (ai sensi dell’art. 42, secondo comma, Costituzione) come propri di tale godimento in relazione alla categoria dei beni di cui trattisi, e annulli o diminuisca notevolmente il valore di scambio, deve essere indennizzato. L’interesse del privato è subordinato all’interesse generale della collettività per quanto riguarda la sottoposizione a siffatti vincoli: non per quanto riguarda le più gravi conseguenze economiche che ne derivano sul patrimonio, non di tutti in egual modo e misura, ma di alcuni soltanto dei componenti la collettività destinataria della legge…..una volta riconosciuto il diritto ad un indennizzo, questo dev’essere razionalmente riferito a punti cronologici di operatività, senza creare vuoti che disgiungano illimitatamente la sottomissione immediata del bene dal compenso per la sua perdita, effettiva o virtuale, dilazionando, solo per ciò che riguarda l’onere cui l’Amministrazione è tenuta, l’efficacia dell’atto impositivo.

Consiglio Stato  sez. IV, 02 ottobre 2008, n. 4765: reiterazione del vincolo e obbligo di motivazione
Il principio della prevalenza dell’interesse pubblico, in virtù del quale un atto di pianificazione generale (tranne i casi di incidenza su posizioni consolidate da giudicati o da convenzioni di lottizzazione) non ha bisogno di una motivazione ulteriore rispetto a quella che si esprime con i criteri posti a sua base è temperato dal principio della tutela degli interessi privati, sicché la p.a. può legittimamente reiterare il vincolo preordinato all’espropri che sia decaduto per il decorso del quinquennio in assenza della dichiarazione della pubblica utilità, ma è tenuta a fornire un’adeguata motivazione, che faccia escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti. In particolare, quanto all’adeguatezza della motivazione, se, in linea di principio, può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni, quando vi è una prima reiterazione , quando il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto, è necessario che la motivazione dimostri che l’autorità amministrativa abbia provveduto ad una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni (riguardanti il rispetto degli standard, le esigenze della spesa. specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali) che inducano ad escludere profili di eccesso di potere e ad ammetterne l’attuale sussistenza dell’interesse pubblico

T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 28/02/2011, n. 1789: decadenza del vincolo e obbligo di ripianificazione
In materia urbanistica, poiché la potestà dei Comuni d’imporre vincoli preordinati all’esproprio o all’inedificabilità non è illimitata, decadendo tali vincoli al termine del quinquennio (art. 9, comma 2, del D.P.R. n. 327 del 2001), si determina, in caso di mancata reiterazione dei vincoli pregressi o di mancato inserimento dei terreni nell’ambito di una precisa pianificazione conformativa, una condizione di “vuoto urbanistico” – che è per sua natura provvisoria – avendo l’autorità comunale l’obbligo di reiterare il vincolo ovvero, in alternativa, di provvedere all’integrazione dello strumento pianificatorio divenuto parzialmente inoperante, stabilendo la nuova destinazione da assegnare all’area interessata

Consiglio di Stato, IV, 31 maggio 2007, n.2885: obbligo di ripianificazione e variante urbanistica“]In ordine all’obbligo di provvedere, è stato evidenziato che l’obbligo gravante sul Comune in caso di decadenza di vincolo preordinato all’esproprio, va assolto mediante l’adozione di una variante specifica o di variante generale, gli unici strumenti che consentono alle amministrazioni comunali di verificare la persistente compatibilità delle destinazioni già impresse ad aree situate nelle zone più diverse del territorio comunale, rispetto ai principi informatori della vigente disciplina di piano regolatore e alle nuove esigenze di pubblico interesse.

T.A.R.  Lecce  Puglia  sez. I, 20 luglio 2010, n. 1781: obbligo di ripianificazione e silenzio del Comune
La sussistenza di un vincolo preordinato ad esproprio, divenuto ormai inefficace per il decorso del quinquennio dalla data di approvazione dello strumento urbanistico generale senza che la p.a. abbia avviato la procedura ablatoria, o abbia approvato un piano particolareggiato fa sorgere l’obbligo, giuridicamente rilevante, di colmare il vuoto di disciplina urbanistica che in tal modo si crea. Pertanto, il comportamento inerte della p.a. è da ritenersi illegittimo con il conseguente obbligo di fornire una risposta concreta e certa al proprietario sulla sorte del suo terreno.

T.A.R.  Catania  Sicilia  sez. I, 17 novembre 2011, n. 2693: permanenza del silenzio e nomina di commissario ad acta
Qualora con sentenza il Tribunale amministrativo regionale a fronte del silenzio serbato dal Comune sull’istanza presentata dalla ricorrente per ottenere la qualificazione urbanistica del terreno di proprietà a seguito di decadenza dei vincoli espropriativi, ha ordinato al Comune di provvedere alla destinazione urbanistica, in caso di ulteriore inerzia amministrativa, è fondata va accolta la richiesta di nomina di un Commissario ad acta che provveda in luogo dell’amministrazione inadempiente.

Cassazione civile  sez. I, 31 marzo 2008, n. 8384: mancata ripianificazione e risarcimento del danno
In materia urbanistica, la scadenza del termine quinquennale del vincolo di destinazione di piano preordinato all’esproprio comporta il venir meno della regolamentazione urbanistica e l’applicazione delle norme di salvaguardia previste per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali. Tuttavia, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano (cosiddetto vuoto urbanistico) è per sua natura provvisoria, avendo l’autorità comunale l’obbligo di reiterare il vincolo (con previsione di indennizzo) ovvero, in alternativa, di provvedere all’integrazione dello strumento pianificatorio divenuto parzialmente inoperante, stabilendo la nuova destinazione da assegnare all’area interessata. Qualora la p.a. rimanga inerte, la situazione conseguente non è equiparabile alla compressione del diritto dominicale provocata dai vincoli preordinati all’esproprio, nè è definibile come espropriazione di valore, attesa la provvisorietà del regime urbanistico di salvaguardia, per cui nessuna aspettativa si crea nel proprietario in ordine al conferimento di particolari qualità edificatorie oltre quei limiti o, ancor meno, riguardo a possibili lottizzazioni. Egli, però, non resta senza tutela nei confronti dell’inerzia dell’ente territoriale, ben potendo, ove vi abbia interesse, promuovere gli interventi sostitutivi della Regione, oppure reagire attraverso la procedura di messa in mora per far accertare l’illegittimità del silenzio; solo in caso di persistente inerzia della p.a. può configurarsi la lesione del bene della vita identificabile nell’interesse alla certezza circa la possibilità di razionale e adeguata utilizzazione della proprietà, con conseguente diritto del privato al risarcimento del danno.

T.A.R. Lazio Roma Sez. II, 31/01/2011, n. 861: cosa è il vincolo espropriativo?
Per vincolo preordinato all’esproprio può intendersi solamente quello che sia immediatamente e direttamente finalizzato all’espropriazione del bene. Vincoli preordinati all’esproprio sono solamente quelli che discendono dalle specifiche prescrizioni (cfr. art. 2 della legge n. 1187 del 1968) riguardanti singoli immobili interessati alla realizzazione di opere pubbliche previste nel piano o da particolari disposizioni di legge (ovvero precisate in appositi provvedimenti amministrativi) da effettuare nell’interesse della collettività, che, nell’ambito della programmazione e pianificazione urbanistica, intervengono in un momento logicamente successivo a quello della zonizzazione del territorio, perché corrispondente ad ulteriori vicende collegate all’emersione di nuovi e specifici interessi pubblici, variamente accertati con appositi provvedimenti amministrativi.

T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. II, 21/01/2011, n. 45: vincolo espropriativo e vincolo conformativo 1
Non hanno natura espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà esistente sui suoli, quei vincoli che non siano esplicitamente preordinati all’esproprio in vista della realizzazione di un’opera pubblica, e che nemmeno si risolvono in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione degli interventi su di essi previsti anche da parte di privati. In questi casi, la zonizzazione dei suoli non è espressione di potere espropriativo (neanche in senso lato), ma della più generale potestà di pianificazione del territorio spettante all’Amministrazione comunale, alla quale è connaturata la facoltà di limitare l’edificabilità su determinate aree a specifiche categorie e tipologie di opere.

T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 07/03/2011, n. 555: vincolo espropriativo e vincolo conformativo 2
Non ricorre lo schema del vincolo ablatorio allorquando la particolare conformazione data al territorio in sede di pianificazione urbanistica lasci spazio di intervento anche al privato, nel rispetto delle tipologie di opere che possono essere ivi realizzate, se ed in quanto queste non vengono riservate alla esclusiva competenza della mano pubblica. Al contrario, sussiste un vincolo preordinato alla espropriazione le volte in cui la destinazione dell’area permetta la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica, nel senso di riferita esclusivamente all’ente esponenziale della collettività territoriale.

T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 28/02/2011, n. 363: vincolo espropriativo e vincolo conformativo 3
Allorquando sia realizzabile ad iniziativa privata in alternativa all’iniziativa pubblica – onde la previa ablazione del bene costituisce una mera eventualità – il vincolo di destinazione ad attrezzature ad uso collettivo non può considerarsi di natura espropriativa, per essere espressione della potestà conformativa del diritto di proprietà sul bene, utilizzabile anche da parte dei privati in vista del soddisfacimento di esigenze di pubblico interesse specificamente individuate. In tali casi, in altri termini, trattandosi di previsioni che si limitano ad imporre una vocazione specifica a determinate porzioni di suolo, vocazione attuabile a mezzo di opere di pubblico interesse – senza la necessità di vere e proprie opere pubbliche – risulta ammissibile la loro realizzazione anche su iniziativa dei proprietari, mentre non è indispensabile la previa espropriazione da parte dell’Amministrazione pubblica.

Cons. di Stato, n. 5276 del 19 novembre 2011: vincolo espropriativo e conformativo, la destinazione a parco o verde di quartiere
secondo la recente e condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex multis,Consiglio Stato, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3700), i vincoli di piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza quinquennale, ai sensi dell’art. 2, l. 19 novembre 1968 n. 1187, sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, assoggettandoli a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che ne comportano l’inedificabilità e, dunque, svuotano il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio; -la previsione di una determinata tipologia urbanistica, quale nella specie relativa alla realizzazione o conservazione di parco urbano o di quartiere, non configura un vincolo preordinato all’espropriazione né comporta l’inedificabilità assoluta, trattandosi di una prescrizione diretta a regolare concretamente l’attività edilizia e quindi, costituente esercizio di potestà conformativa che sfugge al ricordato limite temporale (cfr. art. 11, l. 17 agosto 1942 n. 1150); nel caso in esame, peraltro, il vincolo consente la realizzazione di strutture a carattere provvisorio, quali chioschi di ristoro, tettoie aperte e attrezzi per il gioco dei bambini, prevedendo una destinazione non rimessa alla necessaria iniziativa pubblica e, quindi, attuabile, senza previa ablazione del bene, anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata.

T.A.R. Lazio Roma Sez. II, 31/01/2011, n. 861: previsione di PEEP non è vincolo espropriativo.
La mera zonizzazione pur comportando l’imposizione di prescrizioni relativa alla tipologia ed alla volumetria dei singoli edifici, non implica il sorgere di alcun vincolo preordinato all’espropriazione, neppure in relazione alle aree destinate ad edilizia residenziale pubblica, per le quali tale effetto si determina solamente con l’approvazione del P.E.E.P. ovvero, nei Comuni che non dispongono di tale strumento urbanistico, con l’approvazione della localizzazione del programma costruttivo nell’ambito delle zone residenziali del piano regolatore o del programma di fabbricazione.

Cons. Stato Sez. IV, 19/01/2012, n. 244: aree ricreative o sportive non sono vincolo espropriativo
La destinazione ad attrezzature ricreative, sportive, e a verde pubblico, ecc. data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata, non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione, effettuata dallo strumento urbanistico, che definisce i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale

Cassazione civile  sez. trib., 04 ottobre 2004, n. 19750: vincolo espropriativo e pagamento ICI
In tema di imposta comunale sugli immobili (i.c.i.), l’art. 1 d.lg. 30 dicembre 1992 n. 504, in nessun modo ricollega il presupposto dell’imposta all’idoneità del bene a produrre reddito o alla sua attitudine ad incrementare il proprio valore o il reddito prodotto, assumendo rilievo il valore dell’immobile, ai sensi del successivo art. 5, ai soli fini della determinazione della base imponibile – e quindi della concreta misura dell’imposta – con la conseguenza che deve escludersi che un’area edificabile soggetta ad un vincolo urbanistico che la destini all’espropriazione (nella fattispecie, per la realizzazione di un’area industriale) sia per ciò esente dall’imposta. Tale conclusione riceve conferma dalla disciplina dettata dall’art. 16, comma 2, del citato d.lg. n. 504 del 1992 – abrogato a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi degli art. 58, comma 1, n. 134, e 59 del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, modificati dal d.lg. 27 dicembre 2002 n. 302 – e dall’art. 37, comma 8, del menzionato d.P.R. n. 327 del 2001, i quali mirano a ristorare il proprietario del pregiudizio a lui derivante nel caso in cui l’imposta versata nei cinque anni precedenti all’espropriazione, conteggiata sul valore venale del bene, sia superiore a quella che sarebbe risultata se fosse stata calcolata sull’indennità di espropriazione effettivamente corrisposta (nè tale disciplina, nella parte in cui non si applica al periodo di tempo antecedente agli ultimi cinque anni rispetto alla data dell’espropriazione, pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli art. 2, 3 e 53 cost.).

T.A.R.  Cagliari  Sardegna  sez. II, 18 aprile 2005, n. 776: vincolo non ancora adottato e occupazione di urgenza
Ai sensi dell’art. 9 d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), è illegittima l’occupazione d’urgenza di un immobile basata su un vincolo preordinato all’esproprio derivante da una variante urbanistica non ancora efficace in quanto non ancora definitivamente approvata e pubblicata.

T.A.R.  Cagliari  Sardegna  sez. II, 31 agosto 2005, n. 1853: approvazione del vincolo, a chi il potere?
Ai sensi degli art. 9 ss., d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il vincolo preordinato all’esproprio disposto con il ricorso alla variante semplificata al piano urbanistico rientra nella competenza del Consiglio comunale, unico organo deputato all’emanazione degli atti di programmazione urbanistica ai sensi dell’art. 19, d.P.R. n. 327 del 2001.

T.A.R.  Roma  Lazio  sez. II, 24 aprile 2008, n. 3535: vincolo espropriativo e zonizzazione
Dal comb. disp. degli artt. 9 e 10 del T.U. in materia di espropriazione per pubblica utilità (d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), emerge chiaramente che il vincolo « preordinato » all’espropriazione sorge sempre ed imprescindibilmente in funzione della realizzazione di una determinata opera pubblica o di pubblica utilità; il che significa che se lo strumento urbanistico o pianificatorio di riferimento non prevede alcun intervento specifico, limitandosi – invece – ad ipotizzare astrattamente (ed in funzione puramente programmatica) mere possibilità (e dunque eventualità), non può sorgere alcun vincolo in funzione espropriativa. La pura e semplice operazione di « zonizzazione » (consistente nell’inserimento di determinate aree in zone con destinazione urbanistica omogenea) non può – in altri termini – di per sé far sorgere alcun vincolo preordinato all’espropriazione: essa, infatti, è diretta esclusivamente ad indicare la tipologia di interventi edificatori consentiti (e dunque assentibili) nella zona e, conseguentemente, ad introdurre il divieto di realizzare determinati tipi di interventi edilizi e l’obbligo di conformare l’attività edilizia.

Consiglio Stato a. plen., 24 maggio 2007, n. 7: reiterazione del vincolo e comunicazione di avvio del procedimento“]La reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio finalizzato ad uno specifico intervento – in quanto destinato ad incidere su una posizione giuridica determinata – deve essere preceduto dall’avviso di avvio del procedimento, con connesso onere di una motivazione specifica; al contrario, la reiterazione di vincoli preordinati all’esproprio, disposti «in blocco» o riguardanti una consistente parte del territorio comunale, non richiede l’avviso di avvio del procedimento, applicandosi piuttosto i principi previsti dall’art. 9, comma 4, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, che attribuisce rilievo decisivo alle esigenze di soddisfacimento degli standard.

T.A.R.  Brescia  Lombardia, 05 marzo 2007, n. 189: Vincolo espropriativo e attrezzature di interesse pubblico
Per giurisprudenza acquisita, i vincoli che decadono con il decorso del quinquennio sono quelli che, incidendo su beni determinati, svuotano il contenuto del diritto di proprietà attingendo il godimento del bene, in modo da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone in modo significativo il valore di scambio.

La destinazione di un’area alla realizzazione di attrezzature di interesse pubblico – effettuata di regola dall’Ente pubblico ovvero da privati mediante la stipula di una convenzione ma sempre previa espropriazione – dà vita ad un vincolo di natura sostanzialmente espropriativa.

T.A.R.  Lecce  Puglia  sez. I, 10 giugno 2011, n. 1040: decadenza del vincolo e zone bianche
L’art. 9, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, per effetto del rinvio contenuto nell’art. 9, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (T.U. espropriazioni) si applica solo quando il Comune sia sprovvisto di strumento urbanistico ed è volta a disciplinare solo in via transitoria lo sfruttamento edificatorio delle cd zone bianche in senso limitativo, in attesa del varo di uno strumento urbanistico di carattere generale. Deve invece ritenersi che, nei Comuni dotati di strumento urbanistico concernente la totalità del territorio, il vuoto di tipizzazione prodottosi a seguito della decadenza di un vincolo preordinato all’esproprio deve essere colmato dando puntuale riscontro all’istanza di riqualificazione formulata dal privato, ciò mira, da un lato, a scongiurare il rischio di una indebita e protratta compressione del jus aedificandi spettante al privato e, dall’altro, a conformare eventualmente la proprietà privata alla sua funzione sociale, costituzionalmente tutelata.

T.A.R.  Latina  Lazio  sez. I, 17 giugno 2010, n. 1057: l’apposizione del vincolo contestuale all’approvazione del progetto
Potrebbe sembrare contraddittorio che l’art. 12 comma 3 d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 sancisca l’inefficacia (temporanea) della dichiarazione di pubblica utilità allorché manchi il vincolo (e con espressa previsione della efficacia allorché lo stesso venga imposto con le modalità degli art. 9 e 10) e che l’art. 17 comma 1, imponga a pena di illegittimità che il provvedimento che approva il progetto definitivo e dichiara la pubblica utilità debba indicare gli estremi dell’atto da cui discende il vincolo; l’apparente contraddizione deriva probabilmente da un difettoso coordinamento che va risolto interpretando l’art. 17, comma 1, cit., nel senso che il provvedimento che approva il progetto definitivo deve farsi carico di fornire indicazione di come sia stato apposto o come si intenda apporre il vincolo; in pratica, allorché si approva il progetto definitivo, il relativo provvedimento dovrà indicare gli estremi dell’atto da cui deriva il vincolo, se tale atto già esiste (come avviene nella normalità dei casi); se invece il vincolo ancora non è stato apposto, il provvedimento dovrà indicare che la dichiarazione di pubblica utilità è temporaneamente inefficace ex art. 12 comma 3, cit. dovendo il vincolo ancora essere apposto nelle forme di legge.

T.A.R.  Firenze  Toscana  sez. III, 18 gennaio 2010, n. 37: destinazione di una zona a viabilità ferroviaria è vincolo espropriativo?
I vincoli di piano regolatore, soggetti alla decadenza quinquennale ai sensi dell’art. 2 l. n. 1187 del 1968 (adesso, ai sensi dell’art. 9 d.P.R. n. 327 del 2001), sono soltanto i vincoli espropriativi o di inedificabilità che incidono sui beni materiali. Invece, la previsione di una determinata tipologia urbanistica interessante un vasto comparto (cosiddetta zonizzazione) o la pianificazione territoriale di un sistema di viabilità ferroviaria che interessa non aree circoscritte ma una generalità di immobili ed una pluralità indifferenziata di soggetti ha natura di vincolo conformativo promanante dallo strumento urbanistico, come tale non assoggettato ai termini di decadenza previsti dal citato art. 2 l. n. 1187 del 1968.

Cassazione civile  sez. un., 06 maggio 2009, n. 10362: reiterazione del vincolo, la previsione di indennizzo va indicata nel provvedimento?
L’art. 9 comma 4 d.P.R. n. 327 del 2001 non subordina la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio su un immobile alla previsione di un indennizzo, ma esclusivamente alla necessità di una congrua motivazione in sede di rinnovazione dei procedimenti urbanistici di imposizione del vincolo di cui al precedente comma 1, tenendo anche conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard; l’assenza di un siffatto collegamento è confermata nell’art. 39, comma 2, del medesimo d.P.R., il quale prevede la possibilità che l’indennizzo non sia indicato nell’atto che dispone la reiterazione, ma sia oggetto di un procedimento autonomo attivato dal proprietario.

Cons. di Stato, n. 5276 del 19 novembre 2011: destinazione a parco pubblico
secondo la recente e condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex multis,Consiglio Stato, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3700), i vincoli di piano regolatore, ai quali si applica il principio della decadenza quinquennale, ai sensi dell’art. 2, l. 19 novembre 1968 n. 1187, sono soltanto quelli che incidono su beni determinati, assoggettandoli a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che ne comportano l’inedificabilità e, dunque, svuotano il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio; la previsione di una determinata tipologia urbanistica, quale nella specie relativa alla realizzazione o conservazione di parco urbano o di quartiere, non configura un vincolo preordinato all’espropriazione né comporta l’inedificabilità assoluta, trattandosi di una prescrizione diretta a regolare concretamente l’attività edilizia e quindi, costituente esercizio di potestà conformativa che sfugge al ricordato limite temporale (cfr. art. 11, l. 17 agosto 1942 n. 1150); nel caso in esame, peraltro, il vincolo consente la realizzazione di strutture a carattere provvisorio, quali chioschi di ristoro, tettoie aperte e attrezzi per il gioco dei bambini, prevedendo una destinazione non rimessa alla necessaria iniziativa pubblica e, quindi, attuabile, senza previa ablazione del bene, anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata.

Tar Sicilia Catania 02184/2011: destinazione a opera stradale e a verde pubblico (2)
In primo luogo vanno esaminati i vincoli imposti col PRG al terreno in esame, per precisare che la destinazione a sede stradale è da qualificare certamente come vincolo a carattere espropriativo, soggetto pertanto al termine di decadenza quinquennale previsto dalla legge (art. 2 L. 1187/1968 ed ora art. 9 D.P.R. 327/2001). In relazione alla destinazione a “verde pubblico”, invece, sussistono divergenti orientamenti giurisprudenziali ….“non ricorre lo schema del vincolo ablatorio allorquando la particolare conformazione data al territorio in sede di pianificazione urbanistica lasci spazio di intervento anche al privato, nel rispetto delle tipologie di opere che possono essere ivi realizzate, se ed in quanto queste non vengono riservate alla esclusiva competenza della mano pubblica”. L’elemento decisivo ai fini della qualificazione del vincolo come conformativo od espropriativo, dunque, risiede nello spazio di intervento che viene riconosciuto al privato/proprietario del fondo. Ed a tal proposito, appare necessario ricordare il contenuto dell’art. 8 della L.R. 6/2010, in base al quale “Nelle aree di proprietà privata, per le quali lo strumento urbanistico vigente preveda la destinazione di verde pubblico anche attrezzato, sia di quartiere che territoriale, nonché nelle zone agricole purché ricadenti all’interno della perimetrazione dei centri urbani, è consentita la realizzazione, da parte dei privati, di uno o più piani interrati di proprietà privata, destinati esclusivamente a parcheggio, a condizione che sia realizzato in superficie il verde pubblico da cedere gratuitamente al comune.”

T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 20-05-2011, n. 955: destinazione a opera stradale, a parcheggi e a verde pubblico (3)
In generale, al fine di stabilire la natura – conformativa o espropriativa – di un vincolo, va attentamente vagliato se le N.T.A. abbiano previsto la realizzazione dell’opera da parte del privato; e se, una volta indicata tale possibilità, lo stesso possa porre l’opus sul mercato e sfruttarlo economicamente: solo in tale caso, infatti, si può affermare che non vi sia uno svuotamento del diritto di proprietà.

Diversamente, qualora dell’opera realizzata, comunque destinata ad una pubblica utilizzazione, l’unico esclusivo fruitore sia l’ente pubblico (si pensi, appunto, ai parcheggi pubblici), allora si ha un sostanziale svuotamento del contenuto economico del diritto di proprietà, con relativa configurazione del vincolo come di natura sostanzialmente espropriativa. Nel caso in esame, nessun dubbio può sussistere sulla natura del vincolo in zona destinata a strada di progetto; parimenti, non può dubitarsi della natura espropriativa del vincolo apposto per la zona destinata ad area di parcheggio, atteso che dall’esame delle norme tecniche di attuazione non è dato evincere alcuna indicazione in ordine alla possibilità che l’area a parcheggio possa essere realizzata e/o gestita da soggetti privati.

Quanto alla zona F3 (aree destinate a ville e giardini pubblici), nel caso in esame, per un verso non è stata prevista, accanto all’iniziativa pubblica, anche quella privata; per altro verso la destinazione ad area verde implica una destinazione esclusivamente pubblica (cfr. artt. 52 e 55 NTA); e la eventuale realizzazione di piccoli manufatti, nonché di servizi strettamente connessi alla cura del verde e alla sua fruizione sociale (cfr. art. 55, co.3, N.T.A. cit.), non potrebbe comportare la realizzazione di un opus suscettibile di effettivo sfruttamento in un regime di libero mercato (cfr.: C.g.a., sez. giurisd., 19 dicembre 2008, n. 1113).

T.A.R. Marche Ancona Sez. I, Sent., 30-06-2010, n. 2822: destinazione a verde pubblico (4)
Per quanto riguarda il punto B del primo motivo di ricorso, con cui si contesta l’illegittima reiterazione del vincolo   espropriativo , il Tribunale, rifacendosi ad una giurisprudenza che ormai può dirsi prevalente, ritiene che la destinazione a verde attrezzato non dia luogo ad un vincolo   espropriativo (CdS Sez. IV 12.5.2008 n. 2159), cosa peraltro affermata anche dai ricorrenti.

2.13 In effetti, come risulta dalla documentazione versata in atti, l’attuazione della previsione del PRG censurata in questa sede è rimessa all’iniziativa pubblica o privata, il che vuol dire che non si è in presenza di quello svuotamento sostanziale del diritto di proprietà che connota i vincoli realmente espropriativi, prevedendo anzi consistenti possibilità edificatorie, seppure vincolate nel fine.”

CGA n. 212/12 del 27 febbraio 2012: la destinazione a verde pubblico (5)“]Ritiene questo Consiglio che – diversamente da altre solo in apparenza simili destinazioni urbanistiche (tra cui quelle a “verde privato” o “verde agricolo”), che invece effettivamente conformano il diritto dominicale dei proprietari dei fondi interessati, senza però sopprimerlo in toto – la destinazione a “verde pubblico attrezzato” (al pari di quella a “verde pubblico”) sia radicalmente incompatibile con la permanenza del fondo in proprietà privata.

Non si ignora l’orientamento, prevalentemente contrario, della giurisprudenza di secondo grado, da ultimo espresso da C.d.S., IV, 12 maggio 2010, n. 2843, e in C.d.S., IV, 3 dicembre 2010, n. 8531.

Si ritiente tuttavia preferibile, perché assai più perspicuo e convincente, l’orientamento di questo Consiglio, da ultimo espresso da C.G.A., 25 gennaio 2011, n. 95, secondo cui “sussiste un vincolo preordinato all’espropriazione tutte le volte in cui la destinazione dell’area permetta la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica”. «L’applicazione dei principi sopra enunciati conduce necessariamente alla conclusione che sussiste un vincolo preordinato alla espropriazione le volte in cui la destinazione della area permetta la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica, nel senso di riferita esclusivamente all’ente esponenziale della collettività territoriale. E pertanto nel caso (per quanto qui di interesse) di parcheggi pubblici, strade e spazi pubblici, spazi pubblici attrezzati, parco urbano, attrezzature pubbliche per l’istru-zione. In tali casi, evidentemente, l’utilizzatore finale dell’opera non può che essere l’ente pubblico di riferimento ed essa, in nessun caso, può essere posta sul mercato per soddisfare una domanda differenziata che, semplicemente, non esiste.”». Tornando al nostro caso, non convince l’argomento per cui “la contestata destinazione [“verde pubblico attrezzato”] consente la realizzazione e gestione delle attrezzature previste all’interno di tale zona (pur con i significativi limiti di edificabilità ivi previsti) “oltre che dal Comune o da altri enti pubblici, anche da privati, sulla base di una convenzione con il comune”” (C.d.S., 2843/10, cit.).

Se, infatti, un terreno è destinato a “verde pubblico” (e, magari, “attrezzato”) potrà divenire un parco aperto all’uso pubblico generale; è ovvio che al suo interno il privato possa essere autorizzato a gestirvi, per esempio, una giostra o un impianto sportivo; ma – quand’anche si tratti accidentalmente del proprietario del suolo – è palese che ciò non è un’estrinsecazione, sia pur minima, del suo diritto dominicale; né, infine, la realizzazione (ossia l’attrezzatura dell’area di verde pubblico) potrà porsi a carico del proprietario, di norma privo di ogni interesse, sicché essa deriverà necessariamente da iniziative pubbliche (dirette o tramite concessionari), ovviamente previa espropriazione.

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